Open/Close Menu Fondation Alain Daniélou
Foto di Giorgio Pace

“Jung e l’Oriente”, un progetto della Fondazione Alain Daniélou in collaborazione con l’Istituto C. G. Jung di Zurigo, si propone di indagare il rapporto fra la psicologia del profondo e il pensiero orientale, inoltrando la riflessione al di là dei luoghi comuni e dei pregiudizi propri del nostro tempo. Il progetto risuona dunque con lo spirito di Alain Daniélou, che attraverso la sua vita e la sua opera ha espresso il tentativo di creare un ponte fra due culture e visioni del mondo apparentemente incommensurabili. Il progetto è parte del corso di studi dell’Istituto C. G. Jung, i cui temi hanno ampia ripercussione non solo nel mondo occidentale ma anche in India e in Cina.
Da questo punto di vista lo spirito di Alain Daniélou rivela grande affinità con quello di C. G. Jung: nella scienza moderna della psicologia, Jung ha fondato una corrente del tutto innovatrice, assumendo una posizione di critica dei limiti con cui tale disciplina affronta fenomeni quali l’attività degli archetipi dell’inconscio e le loro configurazioni simboliche.
Il primo seminario del progetto “Jung e l’Oriente” ha approfondito la questione delle dimensioni del Sé in Oriente e Occidente. Sono state presentate e discusse varie concezioni del Sé appartenenti a entrambe le culture: tra le principali, il concetto junghiano di “individuazione” in relazione alla questione dell’auto-realizzazione, il rapporto tra brahman e ātman nell’induismo classico, e la questione del “cambiamento” (con la sua dinamica e le sue strutture) nel pensiero cinese.
Durante il seminario è stata rivolta particolare attenzione all’influenza delle dottrine orientali sulla psicologia del XX e XXI secolo e, al contempo, all’importanza delle teorie psicologiche quali mezzi per riconsiderare le strutture mitologiche e metafisiche delle dottrine antiche. È sorta inoltre una feconda discussione sul ruolo della psicologia del profondo e delle dottrine spirituali in relazione alla questione della sofferenza umana e al problema della morte.

Foto: Sarah Eichner